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Le nostre tematiche - Per capire come e quando andrai in pensione

La legge 335/95, riforma Dini e successive modifiche, prevede un calcolo della pensione ripartito tra metodo retributivo, ossia la pensione calcolata sulla base della retribuzione degli ultimi anni lavorativi, indipendentemente dal totale dei contributi effettivamente versati e il metodo contributivo, ovvero la pensione calcolata sulla base dei contributi effettivamente versati rivalutati annualmente in base ad un coefficiente di rivalutazione legato alla crescita della media degli ultimi 5 anni del prodotto interno lordo (PIL).

Il metodo di calcolo della pensione di ciascuno varia a seconda dell'anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995. Se L’ anzianità contributiva è inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, la pensione viene calcolata con il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, mentre è calcolata con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996. Se, invece, la anzianità contributiva è pari o superiore ai 18 anni al 31 dicembre 1995, la pensione viene calcolata con il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 2011, e con il sistema contributivo, per l'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 2012 fino al momento di accesso alla pensione. Per chi invece ha iniziato a lavorare dopo il 1995 vale interamente il metodo di calcolo contributivo.

Come si calcola? Si individua la retribuzione annua dei lavoratori e si calcolano i contributi di ogni anno, sulla base dell’aliquota di computo, si determina il montante individuale, che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione (o tasso di rivalutazione), derivante dalla variazione media quinquennale del PIL, determinata dall’Istat, si applica al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell’età del lavoratore al momento della pensione e tiene conto della speranza di vita media, incorporando il tasso di crescita del PIL quinquennale, stimato dall’Istat.

Pensione di vecchiaia Oggi ci si accede con almeno 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi. Il primo requisito è agganciato alla variazione della speranza di vita.

Quota 100, c’è tempo fino al 31 dicembre 2021 per maturare i 62 anni di età e i 38 anni di contributi che consentono di andare in pensione ben prima della pensione di vecchiaia o dell’anticipata.

Pensione anticipata Con questo canale non conta l’età, ma quanti anni di contributi si sono versati. Per gli uomini sono necessari 42 anni e 10 mesi, per le donne 41 anni e 10 mesi. In entrambi i casi, almeno 35 anni devono essere di contributi effettivi, quindi non valgono quelli figurativi riconosciuti in caso di disoccupazione e malattia.

Pensione anticipata contributiva Prevista per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996 ed è interamente soggetto al metodo di calcolo contributivo. Vi si accede ad almeno 64 anni di età (requisito della vecchiaia ordinaria ridotto di 3 anni), 20 anni di contributi, e un assegno previdenziale di importo pari almeno a 2,8 volte l'assegno sociale (quindi 1.287,52 euro quest’anno).

Opzione donna Le lavoratrici dipendenti che hanno compiuto 58 anni di età e quelle autonome che hanno compiuto 59 anni di età nel 2019, e al contempo hanno raggiunto i 35 anni di contributi, possono andare in pensione dopo aver fatto trascorrere una finestra mobile di 12 mesi (dipendenti) o 18 mesi (autonome).

Lavoratori precoci. Se una persona ha lavorato, e versato contributi, per almeno 12 mesi prima di compiere i 19 anni di età, per il sistema previdenziale è un lavoratore precoce. E se rientra anche in una delle 4 categorie di persone ritenute meritevoli di tutela, può andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Ciò significa che occorre, in alternativa:

● 1 essere disoccupato e avere esaurito le prestazioni di disoccupazione da almeno tre mesi;

● 2 prendersi cura almeno da sei mesi continuativi di un parente con disabilità grave;

● 3 avere un’invalidità almeno al 74%;

● 4 aver svolto una delle 15 mansioni individuate come “gravose” (per esempio muratori, camionisti, facchini) per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci (o, infine, essere un “usurato”).
Attività usuranti o notturne Addio al lavoro con almeno 35 anni di contributi e un minimo di 61 anni e 7 mesi di età, purché la somma (in gergo previdenziale “quota”) dei due valori dia almeno 97,6. Questa l’opzione prevista per chi ha svolto per almeno metà della vita lavorativa o per almeno 7 degli ultimi 10 anni, una delle attività classificate come particolarmente faticose e pesanti (tra questi minatori, palombari, autisti di autobus per il servizio pubblico). Attenzione, però, perché se si è lavorato anche come autonomi, l’età minima sale di un anno, così come la quota.

Questi requisiti valgono anche per chi ha lavorato di notte per almeno 78 giornate all'anno. Salgono, invece, fino a quota 100,6, incrementando solo l’età minima, se si è lavorato di notte ma per un numero inferiore di giornate all'anno (almeno 64). Per accedere allo sconto, le attività che lo fanno maturare devono essere state svolte per almeno metà della vita lavorativa o almeno per sette anni negli ultimi dieci.

Ape sociale. Non è una pensione, ma garantisce comunque un reddito mensile senza lavorare. Questa indennità viene erogata dallo Stato a determinate categorie di persone che hanno compiuto almeno i 63 anni di età e fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia o anticipata. L’importo dell’assegno è pari alla pensione maturata quando si chiede l’Ape (anticipo pensionistico) sociale, con un massimo di 1.500 euro lordi, pagato per dodici mesi l'anno. Può richiedere questo scivolo:

● 1 chi è disoccupato, ha terminato le prestazioni di disoccupazione da almeno 3 mesi, e ha almeno 30 anni di contributi;

● 2 chi si prende cura almeno da sei mesi continuativi di un parente con disabilità grave e ha almeno 30 anni di contributi;

● 3 chi è invalido almeno al 74% e ha almeno 30 anni di contributi;

● 4 chi ha svolto una delle 15 mansioni individuate come “gravose” (per esempio muratori, camionisti, facchini) per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci e ha almeno 36 anni di contributi.

Isopensione. Dire addio al lavoro già a 60 anni di età o con 36 anni e 4 mesi di contributi (un anno in meno per le donne). È possibile con l’isopensione, ossia lo scivolo disponibile già dal 2012, che garantisce un assegno ponte da quando si concorda l'uscita dall’azienda fino alla maturazione dei requisiti previdenziali di vecchiaia o per il trattamento anticipato. L’onere dell’operazione è tutto a carico del datore di lavoro, che deve versare anche i contributi, in modo che l’ex dipendente non subisca penalizzazioni per quanto riguarda l’importo della pensione.

Contratto di espansione Nell’ambito di un piano di riorganizzazione, le imprese con più di mille unità lavorative possono accompagnare alla pensione i dipendenti a cui mancano non più di cinque anni al trattamento di vecchiaia o a quello anticipato. In tale arco di tempo costoro ricevono un assegno pari alla pensione maturata al momento in cui smettono di lavorare e, se vanno verso la pensione anticipata, l’azienda versa anche i contributi previdenziali. Un meccanismo analogo all’isopensione ma rispetto a quest’ultima con oneri minori per le aziende e benefici inferiori per i lavoratori.
Assegno straordinario. I fondi di solidarietà possono erogare un assegno straordinario che accompagna alla pensione, di vecchiaia o anticipata, i lavoratori delle imprese aderenti, fino a un massimo di cinque anni. A chi accetta l’esodo, viene garantito un assegno pari alla pensione maturata fino a quel momento e vengono versati i contributi previdenziali. Molto usato nel settore del credito. L’addio all’azienda può dunque avvenire a partire da 62 anni di età oppure da 37 anni e 1 mese di contributi (un anno in meno le donne) perché si deve tener conto della “finestra” applicata alla pensione anticipata. (Fonte: Il Sole 24ore)